Acquistare Made in Italy non vuol dire solamente acquistare un prodotto di qualità e d’origine controllata, ma significa anche sostenere chi con il Made in Italy ancora vive.
L’Italia è sempre stata leader nel settore dell’enogastronomia, della moda, del design e dell’artigianato. E non dimentichiamoci nemmeno del turismo. In Italia vi sono ben 47 siti che sono stati considerati patrimonio dell’Unesco, su un totale mondiale di 936 siti.
Viviamo in uno dei paesi più belli, ricchi di storia, di arte e di risorse. E ci dimentichiamo di quanto questo sia importante. Ci dimentichiamo che nel mondo c’è chi lucra sfruttando un Made in Italy che non esiste, mentre il vero patrimonio italiano affonda lentamente. L’Italia è nella lista “I-Must-See” di molti, moltissimi, turisti stranieri.
Made in Italy fuori dalla penisola
Ciò che più ci riempiva d’orgoglio è migrato all’estero, per un motivo o per un altro, ed il vecchio Made in Italy ha cambiato bandiera. Sempre più spesso grandi marchi italiani vengono venduti all’estero.
È da dire che non sempre questo è un impoverimento per il paese, talvolta sono manovre di investimento che, altresì, portano ad una crescita interna.
Tante volte, invece, è solo un altro pezzetto di storia che se ne vola via all’estero. Soprattutto nel campo della moda sono in molti quelli che hanno lasciato la penisola: Gucci, Bottega Veneta, Pomellato, Fendi, Bulgari, Acqua di Parma, La Perla, ecc.
Ma non è solo il mondo della moda ad esserne colpito, quello dell’enogastronomia, ad esempio, da sempre orgoglio della cultura italiana, viene anch’esso costantemente passato di mano. Fiorucci è divenuta spagnola, Peroni è giapponese, mentre il Brunello di Montalcino è francese.
Nonostante tutto in tanti sono quelli, invece, che resistono, e rimangono saldamente attaccati al vecchio stivale.
Valorizzare questo Made in Italy, da un punto di vista storico, culturale, ambientale, architettonico e artigianale, potrebbe riuscire a risanare il debito pubblico e a ritrovare il giusto slancio per tornare all’apice.
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